giovedì 19 dicembre 2013

CULTURA

Keith Richards, una vita al massimo

Ribelle e sadico. Leale, non con Jagger. La leggenda dei Rolling Stones fa 70 anni. Tra tanti eccessi e una mancanza.


Tutta la rabbia è andata via dai solchi della vita. Adesso, quando sorride da quelle fontane di passato esce malinconia dolce, la tenerezza di chi troppe ne ha viste, troppe ne ha fatte ricordare.
Keith Richards ti guarda dalla vertigine dei suoi 70 anni appena compiuti e pare dirti: prenditi quello che rimane. Non è più lo stesso, non potrebbe dopo aver tutto quel troppo di tutto. Il suo corpo è parso esplodere senza preavviso.
APPESO ALLA CHITARRA. La sua mente è tenuta insieme da sette placche di titanio dopo la caduta da una palma che gli ha spappolato il cervello. Ma, tre mesi dopo che il dottore gli aprì il cranio «e tutti i pensieri volarono via come farfalle», era già lì, appeso a una chitarra, davanti allo stadio di San Siro pieno di umani che gli succhiavano l'energia e la vita.
SUONA, NON PUÒ FARE ALTRO. Le dita sono un Getsemani di ulivi contorti, piegate dall'artrite reumatoide. Eppure suona. Perché non può far altro, perché non sa fare altro. Suonerà fino a un attimo dopo essere morto. Impossibile da non amare, difficile da non odiare. Ecco perché.

Perché amarlo

HA (RE)INVENTATO IL ROCK. A modo suo, un modo sconsigliabile agli umani, ha reso il mondo un posto migliore. Cosa ci saremmo persi senza i Rolling Stones, senza quella musica da straccioni eleganti, decadente e ardente, rozza e raffinatissima.
È un incubo a occhi aperti e nemmeno il Padreterno può immaginare un Creato senzaSatisfaction, Jumpin' Jack Flash, Wild Horses e decine di altre. Senza quel delinquente che gli ha messo più d'un brivido addosso e lo sa: «Keith, che definizione daresti del rock?». «Me».
HA INSEGNATO COME ESSERE COOL. Ha creato uno stile sia musicale che esistenziale, ovvero come essere (e suonare) cool cadendo a pezzi, in una canottiera sbrindellata, con monili e accessori imbarazzanti per chiunque altro.
Ha insegnato come essere giovani e poi come invecchiare, calvacando la morte. In mezzo c'è stato un uomo pazzo ma intelligente, eccessivo ma capace di cogliere il succo, il senso profondo della musica e della vita. Oggi questo eterno ossesso è uno sciamano, dai gesti ieratici, avvolto in lungi manti e sciarpe, fasce e copricapi, un improbabile e imprescindibile pontefice del rock and roll.
È STATO LEALE. Lo hanno carcerato, internato, bandito da mezzo mondo, minacciato, punito. Ma non si è mai inserito, non ci ha mai piagnucolato sopra, non si è pentito, non ha «domandato perdonanza», non ha giurato di rigare dritto. Nella sua guerra assurda e personalissima, è stato leale. Integro al di fuori di ogni legge. Onesto nella musica che ha concepito, devoto verso il pubblico, al quale si è sempre sentito consacrato. Non ha mai smesso di ridere: Keith può essere un tipo tetro, ma non è mai lugubre. Sempre disposto a una risata, magari maligna, gorgogliante, affumicata, ma piena di vita. E di quell'humour britannico irrinunciabile: «Keith, qual è la domanda che ti hanno fatto più spesso?». «Questa».
NON HA MAI SEGUITO LE MODE. Non si è mai fatto incantare, non è mai andato con le mode. Lui era la moda. Presupposto, precedente, pietra di paragone per se stesso e nessun altro. Si è fatto il lifting al contrario. Faccia che fa (sempre più) spavento, ma è stata l'invidia fisiognomica di milioni di maschi. Quando la moda è passata, Keith è rimasto, come un paradigma. Mai patito soggezione per i grandi virtuosi, si chiamassero pure Hendrix, Clapton, Page: «Io non so fare quello che fanno loro, ma neanche loro sanno fare quello che faccio io, eh no». Una lezione di vita.

Perché odiarlo

È STATO SPIETATO. È stato «un vero stronzo»: parole sue. «Ho sempre fatto quel che ho voluto, infischiandomene di tutto e di tutti: questo è Keith, prendere o lasciare». Nel pacchetto era compresa la protezione mafiosa per una fan non vedente, «il mio angelo cieco», ma anche crudeltà e umiliazioni a raffica verso chiunque.
C'è gente che ci è morta, non riuscendo a reggere il peso di quella personalità al di là del bene e del male, che triturava chiunque. Altri non se ne sono mai riavuti. Chi lo ha voluto imitare, non è sopravvissuto per raccontarlo. Chi ha provato a conviverci, idem. Giusto Ron Wood, che però non è normale.
NON HA SAPUTO RIFLETTERE. La sua autobiografia, Life, pluripremiata, stravenduta, è una Spoon River di artisti, divi, miti della cultura e dell'arte caduti uno dopo l'altro.
Una cavalcata furibonda che ha divorato vita, appassionante ma dura da digerire: da un uomo così stravissuto e certamente sensibile, ci si sarebbe aspettati qualche pausa riflessiva in più. Invece tutto è così forsennatamente, disperatamente nel momento, tutto sempre così spietato, amore e morte, musica e droga, abissi e vertici.
HA 'SFIGURATO' JAGGER. Rock and roll, spingere e tirare, yin e yang, Jagger e Richards: la storia dei Rolling Stones riposa, è arcinoto, sul dualismo spietato, sull'affetto crudele dei due capotribù. Ma alla fine a fare la figura della carogna è stato proprio Jagger, anche oltre le sue personali colpe. Keith è sempre passato per il puro e duro, il pirata, ma se non ci fosse stato Mick il “calcolatore”, gli Stones sarebbero durati un paio di stagioni. Quando Keith è tornato in sè, dopo molte stagioni all'inferno, ha scatenato una lunga guerra fredda, infine esplosa. Alla fine i cocci si sono ricomposti, ma mai del tutto. E, quando ancora oggi succede qualche casino, è sempre Keith a cominciare.
STIAMO ANCORA ASPETTANDO UN ASSOLO. «Nessuno entra in un negozio chiedendo una chitarra solista o una ritmica: è come la suoni».
Lui ha creato uno stile, quel dilettantismo inarrivabile, quell'inimitabile giocare col tempo ricamando istanti: una lucidità sonora stupefacente, anche considerando la quantità di sostanze perennemente ingurgitate. E poi quei riff: irresistibili, la quintessenza del rock and roll. Ma, che il diavolo se lo porti, dopo 50 anni stiamo ancora aspettando un assolo sfrecciante come Dio comanda: che ti sarebbe costato, ragazzo?
Mercoledì, 18 Dicembre 2013